L’onore perduto di Giovanni Sforza

Giovanni

La storia di Giovanni Sforza signore di Pesaro è alquanto insolita. Nel 1445  Alessandro, figlio del condottiero Muzio Attendolo detto “lo sforza” e fratello minore di Francesco futuro duca di Milano, diventa signore di Pesaro. Grande amico di Federico da Montefeltro che sposerà sua figlia Battista, ha un unico maschio Costanzo dal quale nasce nel 1466 Giovanni. Il nipote degli Sforza milanesi, cugino dei Montefeltro-Della Rovere incontrerà sul suo cammino una donna molto chiacchierata che gli creerà diversi problemi, fra cui uno davvero molto imbarazzante.

Nel 1493, il cugino di Ludovico il Moro che è vedovo di Maddalena Gonzaga e, come nella tradizione di famiglia, fa di professione il condottiero, riceve una proposta interessante: gli viene offerta la mano della giovanissima Lucrezia Borgia. La tredicenne, è presentata come nipote di papa Alessandro VI, ma tutti sanno che in effetti si tratta della sua amatissima figlia. Il matrimonio è interamente dettato dalla ragion di Stato e fa un gran comodo ad entrambe le parti. Il Papa ha necessità di stringere utili alleanze in vista dell’invasione francese, mentre gli Sforza, a cui non dispiace di imparentarsi con il Pontefice, vogliono mettere le mani sulla ricchissima dote della ragazzina. Le nozze vengono celebrate il 12 giugno, ma Lucrezia è ancora una bambina quindi il Papa rispedisce Giovanni a Pesaro e trattiene la figlia Roma. L’unione quindi non viene consumata immediatamente, ma probabilmente qualche mese dopo anche se c’è chi sostiene che lo stesso Rodrigo Borgia abbia assistito alla prima notte per attestare la regolarità del matrimonio. Come annunciato il re di Francia Carlo VIII nel 1494 scende in Italia per riprendersi Napoli, ma Giovanni Sforza, che avrebbe dovuto difendere il pontefice, non si muove da Pesaro dove lo ha finalmente raggiunto Lucrezia. Il soggiorno pesarese della figlia del Papa non è molto lungo e presto anche il marito la raggiunge di nuovo a Roma finché una mattina lo Sforza fa i bagagli, saluta Lucrezia e lascia la città eterna. Il signore di Pesaro non si attarda un attimo di più perché gli è giunta voce, forse attraverso la stessa Lucrezia, che i Borgia scontenti delle sue prove come condottiero e della non cristallina fedeltà alla loro causa, hanno deciso di eliminarlo. Conoscendo piuttosto bene le abitudini del suocero e del cognato Cesare, Giovanni leva le tende a gran velocità, ma quando viene raggiunto a Pesaro dalla richiesta di annullamento del matrimonio vi si oppone con tutte le sue forze. In effetti l’unico motivo per invalidare una unione è la non consumazione e lo Sforza non ha nessuna intenzione di passare per impotente. Di rimando Giovanni accusa Lucrezia di incesto con il padre e il fratello e fa sapere di essere disponibile per una “consumazione” pubblica delle nozze. Arrivati a questo punto i parenti Sforza, minacciando di lasciarlo solo di fronte ai Borgia furibondi, lo convincono a lasciar perdere l’onore e a firmare davanti a testimoni un documento con il quale si attesta la sua scarsa virilità e sancisce di fatto la nullità delle nozze. Lucrezia è libera per un nuovo marito (Alfonso di Aragona che, meno elastico di Giovanni, non riuscirà a salvare la pelle), il signore di Pesaro è libero di tornare ai suoi affari. Purtroppo però due anni dopo Cesare Borgia, con l’appoggio del padre pontefice e del re di Francia Luigi XII (a cui Alessandro VI ha concesso di sciogliere un primo indesiderato matrimonio) che è sceso in Italia per conquistare il ducato di Milano, decide di crearsi uno stato tutto suo fra Romagna e Marche e nel 1500 si impadronisce di Pesaro. Exit Giovanni Sforza, insieme ovviamente a tutta una serie di signori della zona, fra cui i Malatesta, Da Varano di Camerino, Guidubaldo da Montefeltro duca di Urbino, Caterina Sforza Riario signora di Forlì. L’esilio dura tre anni, il tempo necessario per mettere sotto terra papa Borgia e liquidare l’ingombrante figliolo che comunque, stragi a parte, non era stato un cattivo amministratore.

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Di ritorno nella sua città Giovanni, che non può prendersela con Cesare Borgia ormai prigioniero del re d’Aragona, decide di farla pagare ad un uomo con il quale già in passato si era violentemente scontrato, Pandolfo Collenuccio. Umanista, storico, poeta, laureato nella prestigiosa università di Padova, Collenuccio era stato un personaggio importante alla corte di Costanzo I Sforza, padre di Giovanni, per conto del quale ha condotto importanti missioni diplomatiche. Era stato Collenuccio ad ottenere da Sisto IV la possibilità di trasmettere la signoria di Pesaro a Giovanni che di Costanzo è figlio illegittimo. Nel 1489 però, a seguito di contrasti con il giovane Sforza, Pandolfo viene imprigionato, subisce la confisca dei beni e infine è costretto all’esilio. La fama di umanista (è il primo a studiare gli Etruschi e a creare un museo di scienze naturali) e l’abilità di diplomatico e uomo politico gli valgono la protezione di Lorenzo il Magnifico, dei Gonzaga, che nel 1491 lo fanno podestà di Mantova, e soprattutto di Ercole I d’Este. Quest’ultimo nomina Collenuccio dapprima consigliere e in seguito capitano di Giustizia (1500), e lo invia come ambasciatore presso papa Alessandro VI. In questa occasione Pandolfo sostiene la causa di Cesare Borgia all’epoca impegnato nella sua seconda spedizione romagnola e marchigiana, così per restituire il favore, quando il figlio del Papa conquista Pesaro, Collenuccio ottiene la restituzione dei beni che gli erano stati confiscati. Morto papa Borgia, crollata la signora di Cesare, Collenuccio si mette in salvo a Ferrara, Giovanni Sforza gli fa sapere di averlo perdonato e che quindi può tranquillamente tornare nelle sue terre. L’uomo cade nella trappola e rientra a Pesaro, ma Giovanni, che non aspetta altro, lo consegna al carnefice. L’11 luglio 1504 Pandolfo Collenuccio viene giustiziato nella rocca Costanza, però non è un delinquente comune quindi gli viene usato un riguardo: niente onta di una pubblica esecuzione, ma strangolamento nell’intimità della sua cella.

E Lucrezia? Be’ la figlia del Papa si risposa con un Aragona che misteriosamente muore giovane e non nel suo letto, quindi tornata libera viene promessa al figlio di Ercole I d’Este. Alfonso, comprensibilmente nicchia, ma la ragion di Stato vince ogni riluttanza. Così Lucrezia finisce a Ferrara dove non si diverte molto, ma trova un cognato con il quale intrecciare una relazione e un cuoco che le dedica un piatto diventato famoso.

 

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