Della Germania e di altre storie

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In Germania ci sono stata la prima volta nell’agosto del 1989, quando c’erano ancora il Muro e la cortina di ferro. Un viaggio – nella parte ovest, ovvio – bellissimo con mia cugina Franca e il suo compagno Corrado, germanofili da tutta la vita, che mi hanno fatto scoprire ed amare questo paese. Ne conoscevo naturalmente la storia, fra piccoli regni e Sacro Romano Impero, ma nonostante un esame di tedesco all’università (obbligatorie due lingue per il mio corso di laurea, però nessuno aveva pensato di creare corsi per gli “storici”, così di inglese si doveva dare la prima annualità dei linguisti, un tozzo mostruoso, meglio tedesco, pensa te!), ma non mi era rimasto molto dal punto di vista pratico.
Abbiamo fatto il percorso delle cattedrali “gotico renano”, passando dal lago di Costanza, toccando Kassel e arrivando fino ad Hildesheim dove c’era una mostra sui mongoli (loro grande passione), scendendo poi a Coburgo per arrivare a Norimberga, da lì sono tornata in Italia in treno e loro hanno proseguito per un altro itinerario.
In una parola, una nazione stupenda, per me carica di riferimenti storici e letterari, di memorie, di ricordi (c’avete presente arrivare a Coburgo e trovare la statua del principe Alberto?), di verde, di alberi, di foreste, di fiori. Una meraviglia.
Certo come ovunque bisogna adattarsi e cercare di capire. I tedeschi non solo parlano tedesco che è una lingua D-I-F-F-I-C-I-L-I-S-S-I-M-A, almeno per me (e per Asterix che notava come i goti parlassero solo goto), ma sono un filino rigidi. Il che ha alcuni effetti positivi, altri meno. Sono molto, molto organizzati e precisi, hanno un grande amore-cura-rispetto per la natura, le loro città e paesi, ma se chiedi di avere il salmone con le patate invece che con i piselli, come da menù, ti guardano un po’ sconcertati. Il salmone è previsto con i piselli e loro non contemplano l’eventualità, facendo il piatto, di metterci vicino, invece, un cucchiaio di patate. Ma sono cosucce.
Più difficile non pensare, specie guardando le persone di una certa età, al fatto che si non si sono accorti di nulla. Capite a cosa mi riferisco, vero? Il discorso è lungo e complesso, ma la mia sensazione era quella. Ma come hanno fatto a non accorgersi? No dico, mia mamma sa tutto quello che succede in città, anche molto prima che lo scrivano i giornali. Loro niente, non si sono accorti.
Sono tornata in Germania alla fine del 1990 a Monaco per un Capodanno con una carissima amica e ci siamo divertite da morire perché la capitale della Baviera è una bellissima città, ricca di musei e monumenti e… birrerie.
Quindi più nulla (di tedesco) fino al maggio scorso, quando finalmente sono andata a trovare mio fratello che vive in Turingia e precisamente a Jena (dove insegna all’università) e ho scoperto un altro pezzo di Germania, altrettanto affascinante. Nella ex DDR il passato è passato, al limite è un po’ vintage, anche se mio fratello dice che la zona è “depressa”, ma depressa con i metri tedeschi non quelli italiani. In effetti a me Jena è parsa una deliziosa cittadina universitaria, piena di locali, piena di verde. E’ nota perché ci ha insegnato Schiller, per la battaglia napoleonica del 1806 e per la famosa azienda di lenti … ah si, e si mi dicono dalla regia anche per la squadra di calcio la Carl Zweiss Jena. Intorno ci sono altri centri molto interessanti da punto di vista storico perché la Turingia in epoca di SRI era divisa in micro ducati tutti originari da uno stessa famiglia di Sasonia che poi si è intrecciata più e più volte. Inoltre Berlino, Lipsia e Dresda sono ad un paio di cento chilometri di autostrada che lo vorrei ricordare è GRATIS.

Siamo andati a fare un bel giro e a parte il piacere di un viaggio con mio fratello con il quale condivido molte passioni-interessi (come dice mio marito in very anconetano slang “questa cosa la sapete solo te, tu’ padre e tu’ fratello”) posso confermare che la Germania è una grande, bellissima nazione.

In Germania da Jena a Berlino passando per Dresda

Ad ogni modo, con un mese di ritardo (essì come dire stavolta non sono stata molto sulla notizia) ecco qua alcune immagini del mio viaggio in Turingia e Sassonia, che se proprio non sapete dove andare in vacanza ve la consiglio caldamente. Ma andiamo con ordine, partendo da Jena dove abbiamo fatto un piccolo tour napoleonico.

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La sconfitta del 18 ottobre 1806 – che fra l’altro apre a Napoleone la strada per Berlino – i tedeschi la prendono con filosofia. Con molta filosofia anche perché la batosta subita risveglia quel nazionalismo tedesco che nel corso del XIX porterà all’unificazione della Germania, alla nascita dell’Impero del kaiser Guglielmo I e di Bismarck. Con la conseguente incontenibile di farla pagare cara ai francesi. I quali, infatti, nel 1870 saranno umiliati a Sédan. Duecento anni dopo, cioè nel 2006, siccome adesso siamo tutti amici, c’è la UE e ogni motivo è buono per fare baldoria, a Jena hanno anche organizzato grandiosi festeggiamenti per quello che è stato chiamato l’anno “franco-tedesco”.

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Oggi nei dintorni di Jena e sulla collina di Cospeda c’è un itinerario escursionistico dedicato proprio ai luoghi della battaglia. Questo cippo indica che Napoleone con la sua Vecchia Guardia si era fermato qua. 5000 uomini e 14 cannoni.

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Come dicevo la Turingia è molto verde, piena di boschi, fiumi e castelli, perché tutti i vari duchi ovviamente si son fatti costruire in ogni dove dimore, residenze, casini di caccia.

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Seconda tappa Weimar, la città che viene considerata la culla della cultura tedesca. Davanti al teatro infatti c’è il monumento ai due miti Goethe e Schiller che vivono a lungo qui. L’autore dei “Dolori del giovane Werther” ci arriva chiamato dalla duchessa reggente, Anna Amalia di Sassonia Weimar Eisenach, e si trova talmente bene da restarci servito e riverito e con un’ottima pensione per cinquanta anni, cioè fino alla morte. Anche a Franz Liszt l’atmosfera piace e fra il 1869 e il 1886 ci passa i mesi estivi dando lezioni e concerti. Il castello barocco con il suo immenso e bellissimo parco meritano una visita, ma uno dei luoghi più affascinanti di Weimar è un altro e si trova in questo palazzo.

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Non lo direste mai che dentro a trova un questo edificio così sobrio si nasconde questa meraviglia, la sala principale della “sala Roccocò” della Anne Amalie Bibliothek.

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Questo signore dall’aria e dall’abbigliamento germanico in effetti è mio fratello (il quale se sa che l’ho messo nel blog mi uccide… 🙂 ) che essendo noi di famiglia appassionati di libri, avendo tanto parlato, ci teneva a farmi visitare la biblioteca. Impresa non impossibile, ma da organizzare bene, perché possono entrare solo 290 persone al giorno, e i tedeschi sono precisi. Quindi se siete in zona prenotate, nessuno all’ingresso si muoverà a compassione anche se sulla carta stradale gli fate vedere che venite da tanto lontano.

La biblioteca voluta dalla duchessa Anna Amalia (è una delle mie 1o1 regine e principesse perché la sua storia è troppo affascinante a partire dal fatto che suo zio era Federico II il Grande e che forse con Goethe c’è stata una simpatia amorosa) è una delle più grandi e celebri della Germania e anche uno dei più importanti centri per la ricerca storica e letteraria. Il palazzo accoglie solo la parte storica, il resto è custodito in una non lontana costruzione moderna e nei depositi sotterranei. Il 2 settembre del 2004 un incendio ha rischiato di distruggerla, ma tutta la nazione (dallo Stato, ai Lander, dalle grandi aziende ai privati cittadini) si è mobilitata per salvare e restaurare o comunque recuperare il suo immenso patrimonio librario considerato capitale morale dell’intera Germania.

Non lontano da Weimar si trova Buchenwald e non aggiungo altro, ma il mio pensiero resta quello di cui sopra.

Terza tappa, un luogo che fa parte della mia vita perché il mio primo Almanacco di Gotha l’ho comperato quando avevo 18 anni in una libreria antiquaria di Firenze. Da Jena si arriva in un’ora scarsa di treno e poi dopo una breve passeggiata in un parco incredibile (lo dicevo no, che è molto verde e molto ben tenuta) ci si ritrova davanti questo edificio immenso. E’ Friedenstein, la culla dei Sassonia-Coburgo-Gotha (che non so se vi dice qualcosa…) e anche il più grande castello barocco della Germania. Castello, parco, teatro, biblioteca, archivi e collezioni principesce, sono un tutt’uno e ancora oggi questo insieme è perfettamente percepibile facendo il percorso di visita, lungo ed interessantissimo. Fra l’altro dietro a questa facciata bianca ed austera si celano meraviglie ed un lusso davvero incredibile, comprensivo di un piccolo teatro Ekhof fornito di un impianto scenico originale e perfettamente funzionante.

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A Gotha ho scoperto che se paghi 2 euro ti fanno fotografare qualsiasi cosa e così ho fatto. I risultati non sono eccelsi, però mi sono divertita e ho ripreso in sequenza tutte le sale che sono diverissime, si passa dal barocco al Settecento, all’Ottocento, con allestimenti davvero suggestivi ed insoliti. Il castello era abitato dai duchi e ciascuno di loro ha lasciato la sua impronta.

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Il principe Alberto, marito della regina Vittoria è nato a Coburgo, ma Friedenstein è una delle residenze di famiglia e qui passa gli anni giovanili.  Alla morte, senza eredi, del fratello Ernest il ducato passa al suo secondogenito, Alfred duca di Edimburgo.

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Dal Barocco allo stile Impero senza soluzione di continuità

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A Gotha è nata la principessa Sibylla di Sassonia-Coburgo-Gotha, madre dell’attuale re di Svezia, il cui padre è stato un personaggio piuttosto imbarazzante, per tutti, compresi i parenti inglesi.

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Il castello accoglie anche una bella raccolta d’arte, fra cui questo celebre dipinto, conosciuto come “Gli innamorati di Gotha”.

Il resto, cioè Berlino, Potsdam e Dresa nella prossima puntata

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Ma se già volete scoprire qualcosa di insolito su questo signore a cavallo andate qua

Copyright foto, alcune me medesima, le altre vengono da

http://www.schatzkammer-thueringen.de/en/home.html

http://www.thueringer-staedte.de/

http://www.klassik-stiftung.de

dove potete anche trovare molte informazioni turistiche.

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Dimenticavo, questa è la specialità gastronomica della Turingia e anche di tutta la Germania direte voi, si ma in zona pare che sia davvero il non plus ultra. Non posso garantire perché a me non piace il genere e mio fratello è vegetariano. Però a Jena abbiamo mangiato degli ottimi felafel.

 

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