Cinque luoghi da vedere prima o poi … n.2: l’Escorial
Palazzo reale, tempio celebrativo della monarchia spagnola, monastero e pantheon della famiglia reale, il monumentale Escorial è un edificio unico nel suo genere ed è la seconda tappa dei miei “cinque luoghi da vedere prima o poi”. L’enorme complesso situato ai piedi della Sierra de Guadarrama a quarantacinque chilometri da Madrid, è grandioso, ma anche di freddo e austero e nel suo insieme ben interpreta l’animo della Spagna cinquecentesca.
Nella Spagna medievale e rinascimentale, come in tutti gli altri paesi europei dell’epoca, non esistevano né una capitale fissa né tantomeno un palazzo reale. I sovrani trasportavano la loro corte, nelle varie città del regno secondo il momento e la necessità, anche perché lo stato unitario recentemente costituito necessita nelle varie regioni del controllo e della presenza costante del re. Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona hanno una corte nomade e viaggiano moltissimo attraverso la penisola iberica. Il loro nipote Carlo, V come imperatore del Sacro Romano Impero, I come re di Spagna concentra nelle sue mani un potere enorme, esteso su due terzi d’Europa e per forza di cose deve essere presente ovunque. Nel regno ereditato dalla madre Giovanna la Pazza, che governa con mano ferma dal 1516 al 1556 quindi non ha fissa dimora e risiede spesso a Granada nel suo meraviglioso Alhambra.
L’Escorial di Filippo II
Sarà suo figlio, Filippo II (1527-1598) a elevare al rango di capitale la città di Madrid che è solo un grosso borgo di media importanza ma si trova strategicamente al centro della penisola iberica. Parallelamente e complementariamente alla scelta della nuova capitale, il sovrano decide di costruire per sé e per la sua dinastia un “palazzo-monastero” che sia residenza, luogo di preghiera e di sepoltura, una sorta di “città proibita”, isolata in mezzo alla sierra.
L’Escorial, alla cui realizzazione lavorano, tra gli altri, Pellegrino Tibaldi, Pompeo Leoni, gli Zuccari, Tiziano e El Greco, comprende 2000 stanze, 16 cortili, 15 chiostri, 86 scale, 9 torri, 88 fontane e 300 celle per i monaci. Nell’edificio, iniziato nel 1563 e terminato nel 1584, convivono fianco a fianco la grandiosità e lo sfarzo della corte spagnola nel “secolo d’oro”, ma anche lo spirito complesso e oscuro di Filippo II, il quale dedica l’annesso monastero a S. Lorenzo, per un voto fatto in occasione della grande vittoria degli spagnoli sulle armate francesi durante la battaglia di S. Quintino nel 1557 combattuta proprio nel giorno dedicato al martire. L’Escorial infatti ha, in pianta, la forma di una griglia, perché proprio questa era stata lo strumento di tortura di S. Lorenzo, bruciato a fuoco lento per non aver voluto rinnegare la propria fede.
Anche se di fatto Carlo V è il primo sovrano della Spagna unificata, tocca a Filippo II (re dal 1556, dopo l’abdicazione del padre) istituzionalizzare ed organizzare la monarchia spagnola accentratrice, a partire proprio dall’imponente palazzo sede del sovrano, della sua corte, dei ministri, luogo di culto, centro di preghiera e di devozione ma anche necropoli della nuova dinastia: gli Asburgo. Un secolo prima di Versailles il re di Spagna inventa il palazzo sede del potere centrale, ma all’Escorial non si respira l’atmosfera gioiosa e spensierata della reggia francese; l’immenso edificio, costruito in granito grigio-blu del Guadarrama e coperto di ardesia blu, è gelido e tenebroso come Filippo II. L’Escorial finisce con l’essere l’espressione tipica del re e dei suoi tempi, infatti nella facciata del palazzo scompare tutto lo stile ornamentale del primo Rinascimento spagnolo e al suo posto c’è la fredda simmetria di un classicismo che soffoca ogni estro. L’Escorial è imperiale, solenne e distaccato: un simbolo pertinente e perpetuo del trionfo che nella Spagna della Controriforma, la costrizione aveva riportato sulla libertà, e anche del trionfo di una regalità autoritaria sulle forse eversive dell’anarchia. Gli Asburgo abitano ininterrottamente il loro palazzo-monastero fino alla morte di Carlo II, ‘ultimo discendente spagnolo di Carlo V, nel 1700. Il nuovo re, Filippo V, nipote di Luigi XIV, nato e vissuto nello splendore di Versailles, lo abbandona quasi subito per altre residenze più amene quali La Granja de San Ildefonso, il Pardo, Aranjuez e il nuovo palazzo reale di Madrid. Solo Carlo III e suo figlio Carlo IV tornano ad abitare di tanto in tanto all’Escorial, facendo però allestire al terzo piano dell’ala Nord-Est degli appartamenti in stile pompeiano messi di moda alla fine del XVIII secolo dal rinnovato interesse per l’archeologia. Il palazzo dei Borboni è in netto contrasto con la residenza austera degli Asburgo: le stanze di Filippo II sono di un rigore quasi monacale, e la camera dove il re muore il 1° settembre 1598 si apre sul presbiterio della basilica per consentire al sovrano malato di ascoltare la messa dal suo letto.
Del complesso fa parte anche il Palacio del Verano (palazzo d’estate) che ospita oggi una ricca pinacoteca con opere di Tiziano, Veronese, Tintoretto, Palma il Giovane, Coello, Rubera, Van Dyck, Hieronymus Bosch, Luca Giordano. Sul lato opposto, nell’edificio che chiude il Patio de los Reyes si trova la Biblioteca de Grabados, frutto di un altro dei grandi progetti di Filippo II per il monastero di S. Lorenzo; il re infatti, che intendeva riunire in questa biblioteca tutto il sapere della propria epoca, fa depositare qui i 4000 volumi della sua collezione privata cui vennero ad aggiungersi, acquisti, lasciti e donazioni. La Biblioteca de Grabados, oggi aperta al pubblico, contiene oltre 60.000 volumi e 2700 manoscritti dal V al XVIII secolo.
La basilica dell’Escorial
Il nucleo centrale dell’Escorial è la basilica dedicata naturalmente a S. Lorenzo, una delle opere più rappresentative dell’architettura spagnola. L’imponente facciata domina il Patio de los Reyes è preceduta da una scala marmorea e fiancheggiata da due torri a cupola mentre in basso, tra grandi colonne, si aprono cinque arcate sormontate da un balcone con la stature dei sei Re di Giuda. L’interno ha una pianta a croce greca con tre navate e quattro colossali pilastri che reggono una cupola dal diametro di 17 metri e alta 92 metri. Ai due lati dell’altare, nelle tribune dai quali i membri della famiglia reale assistevano si possono vedere due gruppi bronzei, opera di Pompeo Leoni, che rappresentano a sinistra Carlo V orante con la sua famiglia e a destra Filippo II in preghiera con mogli e figli. Le volte sopra il presbiterio sono decorate da affreschi di Luca Cambiaso e Luca Giordano.
Sotto l’altare maggiore della basilica si trova il Pantheon della famiglia reale in modo ed è abbastanza insolito che un luogo di sepoltura si trovi così vicino alla residenza del sovrano e della corte, ma Filippo II vuole che gli avi dai loro sepolcri sia lì a sorvegliare e proteggere i vivi. Le sepolture sono divise in due ben distinte sezioni: il “pantheon reale” e il “pantheon degli infanti” (a sua volta diviso in nove cappelle funerarie). In quest’ultimo sono collocate le tombe di quasi tutti i principi e delle principesse spagnole e delle regine che non hanno dato eredi alla corona, qui si trovano, fra le altre, le tombe di don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V, vincitore, nel 1571, della battaglia di Lepanto e di don Carlos lo sfortunato primogenito di Filippo II e le 60 nicchie degli Infanti bambini.
Il pantheon reale invece è riservato ai sovrani e alle loro consorti quando queste (o questi, come nel caso del marito della regina Isabella II) sono le madri dell’erede al trono. La regola rigidamente rispettata fin dai tempi di Filippo II è stata infranta per decisione di Juan Carlos I, che ha destinato ai suoi genitori, il conte e la contessa di Barcellona, le ultime due nicchie libere della cappella reale. Con questo gesto il re ha voluto rendere omaggio a suo padre – “re” Juan III di Spagna – che non ha mai effettivamente regnato, ma ha rappresentato per tutta la durata della dittatura franchista l’opposizione al regime e la continuità della dinastia.
I sepolcri dei sovrani spagnoli sono collocati in una sala ottagonale in diaspro e porfido di 10 m di diametro e 10 m e 60 cm di altezza con un altare situato proprio di fronte all’ingresso. Quasi tutti i re di Spagna riposano lungo i tre lati a sinistra dell’ingresso, mentre le consorti a destra, in ordine cronologico dall’alto in basso cominciando a partire dall’altare. Ci sono però delle eccezioni: le due mogli di Carlo II che non avendo dato eredi alla corona sono sepolte nel pantheon degli Infanti, i resti mortali di Filippo V e la sua seconda moglie Elisabetta Farnese si trovano nella chiesa del palazzo della Granja de San Ildefonso, Luisa Elisabetta d’Orlèans, moglie di Luigi I è sepolta a Parigi, re Ferdinando VI e sua moglie Barbara di Braganza, riposano nella chiesa madrilena fondata da quest’ultima. Il sepolcro dei re, inoltre, accoglie entrambe le mogli di Filippo IV (1605-1665), Maria Anna d’Austria in quanto madre del re Carlo II ed Elisabetta di Francia che attraverso la figlia Maria Teresa (sposa di Luigi XIV) trasmette i diritti al trono al pronipote futuro Filippo V.
Le spoglie di Alfonso XIII, morto in esilio a Roma nel 1941, sono state traslate nel pantheon dei re nel 1980 – regnante suo nipote Juan Carlos – mentre la moglie Vittoria Eugenia morta a Losanna nel 1969, è stata deposta solo nel 1985 nel cosiddetto “purgatorio”, del pantheon. Da quasi cinque secoli, infatti, la tradizione vuole che i corpi dei membri della famiglia reale, prima di riposare definitivamente in uno dei due pantheon, debbano subire una “decomposizione sanitaria” (le bare sono collocate all’interno di un palazzo che, all’epoca in cui queste norme furono stabilite, era normalmente abitato) circa 25-30 anni. I corpi chiusi in sarcofagi dal fondo bucato vengono sistemati su un letto di calce, quindi si decompongono con relativa rapidità. La durata del soggiorno in quello che in spagnolo viene chiamato “pudriero” varia, per esempio la regina-reggente Maria Cristina, morta nel 1921, fu collocata definitivamente nella sua sepoltura solo nel 1971. Anche il conte di Barcellona, scomparso nel 1993, e la moglie donna Maria de la Mercedes morta nei primi giorni del 2000, riposano per il momento nel “pudriero” in attesa del pantheon vero e proprio. Alla contessa di Barcellona è destinato l’ultimo spazio, poi la sepoltura dei re sarà al completo. I sovrani spagnoli dovranno, quindi, trovarsi un altro luogo di sepoltura. La questione in ogni caso non sembra essere di attualità, tanto che Sofia interrogata a proposito ha risposto “non è un mio problema, ci penseranno quelli che restano, facciano di me ciò che vogliono”.
Ancora oggi, come ai tempi di Filippo II sono i monaci agostiniani a vegliare sulle tombe della famiglia reale spagnola ed è a loro che viene consegnato il corpo dei defunti. I monaci fungono anche da guida per i visitatori del pantheon.
Il sito web ufficiale è qui.
I biglietti per l’Escorial su —> Musement
Per approfondire