Paolo, Francesca e l’invenzione del castello di Gradara

Quanto c’è di vero nella romantica storia ambientata nel castello di Gradara, cioè l’amore impossibile di Paolo e Francesca diventati, grazie a Dante,  simboli universali di una passione infelice e contrastata? Poco, forse nulla, anche perché, quasi certamente, la bella Francesca da Polenta a Gradara non ha mai messo piede.

ITALY – MARCH 29: Malatesta castle or fortress, 12th-15th century, Gradara, Marche, Italy. (Photo by DeAgostini/Getty Images)

All’epoca dei fatti (cioè indicativamente fra il 1283 e il 1286) sulla collina c’è solo un castrum, una fortificazione militare intorno a un torrione del xii secolo detto “del Grifo”; la rocca viene completata da Pandolfo Malatesta solo nel 1325, quarant’anni prima lì c’è al più un’arx abitata dalla guarnigione, ma in nessun caso un palatium degno di ospitare la moglie del signore. La tradizione che vuole il castello di Gradara sede del tragico, contrastato e illecito amore, oltre a non essere sorretta da alcun elemento di prova, fuorché una dubbia tradizione orale, è recentissima e strategicamente successiva al restauro della rocca e alla sua apertura al pubblico negli anni Trenta del Novecento. Insomma un’efficace operazione di “marketing territoriale” sostenuta dai versi immortali del Sommo poeta e dai successivi commentari di Boccaccio, grande narratore anche lui, ma poco, anzi pochissimo attendibile come storico. Nei fatti la vita di Francesca da Polenta, figlia di Guido Minore signore di Ravenna, che tradisce il marito Giovanni Malatesta con il fratello Paolo è quasi un mistero. Le fonti documentarie sono poche e vaghe, il nome della madre è ignoto, e così pure l’anno di nascita, ma fatti i debiti riscontri si può collocare intorno al 1260. Francesca ha sicuramente una sorella più giovane, Samaritana, e otto fratelli, tra legittimi e bastardi: Bernardino (che nel 1275 sposò Maddalena Malatesti, sorellastra di Giovanni e Paolo, e che nel 1289, podestà di Pistoia, è compagno di Dante nella battaglia di Campaldino), Lamberto, Ostasio, Bannino, Manoele, Nasillo, Guiduccio e Bastardino. A Giovanni Malatesta dà certamente una figlia, Concordia, e forse anche un figlio maschio, Francesco, morto in tenera età. Tutto qui, il resto è leggenda, ricostruzione, romanzo, fiction. Anche il come, dove, quando e perché la giovane Francesca sarebbe morta. 

La vera storia del castello di Gradara

Sulla vicenda infatti si fronteggiano due differenti gruppi di fonti, senza rapporto di sorta fra loro: quelle documentarie, che dell’adulterio e del duplice omicidio non fanno parola, e le quelle letterarie, che proprio sulla tragedia familiare si incentrano, con ampia e un po’ sospetta dovizia di particolari. Le carte d’archivio certificano solo l’esistenza storica, fra il 1263 e il 1264, di Giovanni e Paolo Malatesti che in quegli anni, visti i riferimenti, dovevano essere ancora dei ragazzi. In una procura del 1287 e in una sentenza del 1288 Paolo non è già più nominato fra i viventi. Francesca è nominata incidentalmente e già al passato, in quanto madre di Concordia, nel testamento del suocero Malatesta da Verucchio redatto nel 1311.

Giovanni figlio di Malatesta da Verucchio e di Concordia di Enrighetto, sciancato dalla nascita e perciò soprannominato, anche in atti ufficiali, Gianciotto (Johannes Zoctus, Giovanni Zoppo), nato fra il 1240 e il 1246, è uomo d’arme e di governo. Nel 1275, al fianco del padre, si scontra a Ponte San Procolo, sul Senio, nei pressi di Faenza, con le truppe ghibelline di Guido da Montefeltro e tenta di andare al soccorso del castello di Roversano, assediato dai forlivesi. Nello stesso anno, a capo di cento fanti, aiuta Guido da Polenta ad affrontare i Traversari e ad impadronirsi, con un colpo di mano, di Ravenna. Nel 1288, dopo che i Malatesti sono dichiarati ribelli e scacciati da Rimini (vi rientreranno nella primavera del ’90) attacca e prende Santarcangelo. Quasi sicuramente è il primogenito, per via del nome tradizionale nelle famiglia e per il fatto che Paolo viene sposato all’erede di una contea, scelta dinastica in genere riservata ai cadetti, in quanto i beni del casato si trasmettono al figlio maggiore. Gli viene ripetutamente affidata la Podesteria di Pesaro: nel 1285, nel 1291, nel 1294 e dal 1296 al 1304, ultimo anno della sua vita. È anche Podestà di Faenza (nel 1293) e, forse, di Forlì (nel 1276 o 1278).

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Dante Gabriele Rossetti “Paolo e Francesca”

Paolo, detto il Bello, nel 1269 sposa Orabile Beatrice di Ghiaggiolo da cui ha due figli, Uberto e Margherita. Dal febbraio 1282 al febbraio 1283 è, a Firenze, capitano del popolo, con un cospicuo salario, e poiché l’età minima prescritta dagli Statuti fiorentini per ricoprire l’incarico è di trentasei anni, non può essere nato oltre il 1246. Nel febbraio del 1283, un mese prima della scadenza del suo mandato, per non meglio precisati «grandi, vari e delicati impegni» da assolvere di persona. Dopo questa data, di Paolo più non si hanno notizie. Queste le notizie certe sulla vita dei protagonisti, ma sulla tragedia familiare non esiste un documento, non ci sono riferimenti (neanche velati e indiretti), eppure il fatto deve avere turbato gli animi e fatto scalpore perché la relazione adulterina è anche incestuosa (almeno secondo la morale del tempo) e un marito che si fa giustizia da sé non è proprio cosa da tutti i giorni pur in un’epoca tanto violenta. Un secolo dopo Niccolò d’Este affiderà al boia la moglie fedifraga Laura Malatesta colpevole di amare il figliastro Ugo. Qui no, Gianciotto organizza autonomamente la sua vendetta ed elimina con le sue mani la coppia colpevole di un vergognoso doppio tradimento. Cioè questo è quello che racconta Dante (il quale pare ne abbia avuto notizia nel 1304, alla corte dei conti Guidi di Romena, da Margherita, la figlia di Paolo), poi Boccaccio nel suo commento pubblico alla Commedia, dettato tra il 1373 e il 1375, aggiunge alcuni particolari. Infelicemente sposata, con l’inganno per di più, a Gianciotto sciancato e vecchio (vecchio? Ma se fra lui e il fratello corrono al massimo sei anni?), Francesca si ritrova a frequentare assiduamente Paolo Malatesta, l’uomo giovane e bello a cui in un primo momento aveva creduto di essere destinata. Si perché il promesso sposo, temendo di essere rifiutato per il suo aspetto poco seducente, manda il fratello a concludere l’affare matrimoniale e Francesca cade nella trappola. Diventati cognati i due ovviamente si frequentano e la passione si riaccende. Così un giorno Paolo e Francesca, turbati dalla lettura di un libro, nello specifico quello che narra le gesta amorose di Lancillotto e Ginevra, si baciano e probabilmente vanno anche oltre. Il resto è noto, qualcuno, forse un servo solerte o un altro fratello minore invidioso, informa il marito della tresca in atto; Gianciotto finge di partire, ma torna per sorprendere gli amanti e attuare la sua terribile (ma secondo la morale del periodo anche in parte giustificabile) vendetta. Nonostante il fatto sia abbastanza eclatante per i nomi dei protagonisti e per il prestigio delle famiglie, i cronisti del tempo tacciono, sul duplice omicidio. Tace il Chronicon del faentino Pietro Cantinelli, contemporaneo della vicenda. Tace Salimbene de Adam, che pure ha la passione della “cronaca nera”. Un anonimo riminese del secolo xiv si limita ad un accenno: «Accadde caso così facto che el dicto Gianne Sciancato trovò Paulo so’ fradello cum la donna sua et habelo morto subito lui et la donna». Marco Battagli, nella Marcha (stesa in latino tra il 1350 e il 1355 circa) dice poco di più: «Paolo fu ucciso da suo fratello a causa della lussuria commessa con Francesca, figlia di Guido da Polenta, moglie del fratello di Paolo, insieme alla quale Paolo stesso trovò la morte». Nella seconda metà del xv secolo il riminese Baldo Branchi aggiunge qualche dettaglio: «In questo mezzo occorse ne la casa de’ Malatesti uno strano caso, che havendo el prefato messer Malatesta dato per moglie già più tempo fa una gentil donna da Revenna chiamata Francesca al prefato Giangiotto, la quale era bellissima, et come se passasse volse dire per alcuni che lei et Paulo Bello usavano insieme, et trovandoli il detto Giangiotto suso el fatto, gli ammazzò tutti duoi».I soli elementi certi, o probabili, sono, in definitiva, l’identità dei protagonisti, l’adulterio dei cognati e la loro uccisione per mano del marito (e fratello) tradito. Allo stato dei fatti e delle conoscenze c’è quasi da supporre che il delicato affaire, sia stato prontamente sepolto dalle due famiglie, potenti e solidali. Malatesta e da Polenta scelgono la strada del silenzio quasi omertoso e delle informazioni scarse e nebulose soprattutto per mantenere in piedi un’alleanza interessante ed evitare le ire del pontefice, il quale non apprezza i  “divorzi all’italiana”.  Però non è escluso che dietro alla vendetta si possa celare anche qualcos’altro, per esempio la gelosia del fratello maggiore, signorotto di provincia, per il brillante Paolo, capitano del popolo di Firenze e quindi avviato a una splendida carriera. C’è addirittura chi sostiene che il tradimento sia soltanto un’abile messa in scena per giustificare in qualche modo l’assassinio dell’ingombrante Paolo. Quanto al luogo, le ipotesi sono diverse: escludendo Gradara, si parla di Rimini, di Santarcangelo di Romagna, Verucchio, Meldola, Ghiaggiolo, Bellaria e infine il palazzo comunale di Pesaro, città di cui Gianciotto e più volte podestà. E il Boccaccio asserisce che Giovanni, quando la moglie e il fratello “usavano” alle sue spalle, esercitava la “podesteria” in una città vicina. È vero che all’epoca ai pubblici funzionari non viene consentito di avere accanto mogli e figli, ma Gianciotto potrebbe non aver rispettato il divieto. Inoltre i Malatesta a Pesaro posseggono diversi edifici abitati da numerosi membri della famiglia, una vicinanza che renderebbe più probabile e veritiero il possibile nuovo incontro fra Paolo e Francesca. Nel Seicento uno storico locale fa anche di più, assicura che i due amanti, sorpresi in teneri conversari proprio in una casa pesarese, vengono “mazzerati”, cioe chiusi in sacchi di tela zavorrati e quindi gettati in mare. La coppia, doppiamente traditrice, cosi sparisce e i Malatesta attuano subito una totale damnatio memoriae, fino al giorno in cui a Dante viene in mente di ritirare fuori l’imbarazzante faccenda.

Le immagini del castello di Gradara sono tratte dalla pagina Facebook Marche Tourism

Leggenda o no il castello di Gradara è molto suggestivo anche perché visibile percorrendo il tratto ferroviario fra Pesaro e Cattolica-Gabicce sulla Ancona-Bologna. Impossibile non notare la sua mole e la lunga cinta muraria e difficile non pensare ai versi di Dante sull’amore…

Gradara è anche una bella meta per un breve gita in zona (da abbinare a Urbino che non è lontana) e in genere piace molto ai bambini che possono ammirare una vera fortezza con tutti gli annessi e i connessi. E siccome non siamo fatti di solo spirito consiglio anche una sosta in una delle numerose osterie della zona per gustare la celebre “piada sfogliata” che non è la piadina romagnola ma qualcosa di diverso e di molto, molto gustoso.

Maggiori informazioni www.gradara.org e www.castellodigradara.it

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