Colin Firth, Giorgio VI e "Il discorso del re" su Canale 5

Stasera – 13 marzo 2013 – anche se avete altre cose da fare cambiate programma. Questo film è imperdibile e non solo se amate i royal. E’ una delle pellicole più belle, meglio recitate e dirette degli ultimi anni. Per non parlare della scenggiatura, dei dialoghi, della fotografia, dei costumi. Canale 5 alle 21 e 15 circa.
Duca di York, secondogenito di re Giorgio V, Albert detto Bertie è afflitto fin dall’infanzia da una grave forma di balbuzie. Il che in fondo non sarebbe un problema grave se non fosse per l’abdicazione del fratello Edoardo VIII e l’inattesa ascesa al trono. Figlio di un padre anaffettivo e di una madre severissima, ma genitore amorevole ed amatissimo delle sue bambine, Elisabetta (futura Elisabetta II) e Margaret Rose, sposato ad una donna gentile, comprensiva ed intelligente, Bertie convive con le sue difficoltà fino a quando non è costretto suo malgrado a parlare in pubblico. E poi dentro ai microfoni della radio, il nuovo media di successo degli anni Trenta. Bertie è inchiodato dalla balbuzie e da una complessata inferiorità di fronte allo spigliato fratello maggiore David. Le esitazioni, i prolungamenti di suoni, i continui blocchi silenti impediscono a Bertie di esprimersi adeguatamente ed generano in lui una sensazione di impotenza. Sostituito il corpo con la viva voce, il re deve rieducare la balbuzie, buttare fuori le parole e trovare una voce. Lo soccorrono la devozione di sua moglie e le tecniche poco convenzionali di Lionel Logue, logopedista di origine australiana. Sarà con il discorso dell’entrata in guerra dell’Inghilterra contro la Germania che Bertie supererà definitivamente l’ostacolo.
Il regista britannico Tom Hooper si concentra sul vissuto interno del protagonista, rivelando le conseguenze emotive del disagio nel parlato ai tempi della radio e in assenza del visivo. Il discorso del re non si limita però a drammatizzare la stagione di vita più rilevante del nobile York e relaziona un profilo biografico di verità con un contesto storico drammatico e dentro l’Europa dei totalitarismi, prossima alle intemperanze strumentali e propagandistiche di Adolf Hitler. Non sfugge al re sensibile di Colin Firth e alla regia colta di Hooper l’abile oratoria del Führer, che intuì precocemente le strategie di negoziazione tra ascoltatore e (s)oggetto sonoro, il primo impegnato nel tentativo di ricostruire l’immagine della voce priva di corpo, il secondo istituendo un rapporto di credibilità se non addirittura di fede con la voce dall’altoparlante.
Come previsto Il discorso del re è stato premiato con una pioggia di Oscar (Colin Firth, miglior film, sceneggiatura) e in effetti questa volta lo star system ha riconosciuto il valore di una pellicola davvero suggestiva, intima, priva di quegli effetti speciali che oggi fanno il successo del cinema, ma davvero enormemente coinvolgente ed emozionante.