Addio principe Filippo, non ti dimenticheremo mai

Se ne è andato questa mattina a Windsor il principe Filippo duca di Edimburgo. Il consorte della regina Elisabetta avrebbe festeggiato i 100 anni il prossimo 10 giugno ma in fondo a lui interessava davvero poco aggiungere ai suoi tanti record anche questo. Anni fa all’epoca dei festeggiamenti per i 100 anni della suocera a una persona che gli aveva chiesto se avrebbe desiderato arrivare anche lui a quell’età aveva risposto ridendo e con la sua proverbiale franchezza: “Mio Dio, no”.
Ironia del destino il principe se ne è andato il giorno del sedicesimo anniversario di matrimonio del figlio Carlo con Camilla Parker Bowles. Non ci saranno funerali di Stato perché lui stesso aveva chiesto esequie private, tanto più in questo momento di crisi sanitaria.
Se per quasi 70 anni Sua Maestà Elisabetta II è riuscita ad affrontare e superare, praticamente senza battere ciglio, avversità di ogni genere fra cui crisi politiche, intemperanze di una parentela piuttosto vivace, i difficili divorzi dei figli, l’incendio del castello di Windsor, persino il disarmo della sua casa galleggiante, l’amato yacht Britannia, il merito è anche dell’uomo che le è stato accanto. Una “roccia” come lo ha definito lei stessa nel discorso per il loro Golden wedding.
Dunque i sentimenti della regina per Filippo non sono mai stati messi in discussione. Il principe è l’unico uomo della sua vita e la sola persona di cui si preoccupa. Il sostegno reciproco, motivato dalla stessa visione dell’istituto monarchico, attenua l’incomprensione che sentono per la nuova era.
L’amore per Filippo è stato l’unica debolezza umana di una donna che ha superato ogni difficoltà facendo leva su un granitico senso del dovere, rimanendo sempre fedele a se stessa, anzi trasformandosi con gli anni in una vera e propria icona. Al consorte la sovrana ha perdonato tutto, gaffe, colpi di testa, forse qualche avventura e certamente molte intemperanze (e insolenze), ricevendone però in cambio un sostegno totale e una devozione assoluta che hanno certamente contribuito alla grandezza del suo regno.
Eppure per Filippo la morte del suocero e l’ascesa al trono della moglie sono una vera e propria doccia fredda. Il principe, che pensava di avere davanti a sé almeno una ventina di anni di attesa e sperava di fare una bella carriera nella Royal Navy, è costretto ad abbandonare ogni incarico militare. Conoscendo il carattere del marito, Elisabetta cerca di compensare la delusione affidandogli la presidenza del comitato che deve pianificare l’organizzazione dell’incoronazione. Non è solo un incarico onori co, e all’interno della commissione il principe farà sentire la sua voce: è lui, fra l’altro, a insistere affinché il momento più importante nella vita di un sovrano britannico, il rito che sancisce un patto politico e religioso fra il monarca e il suo popolo, sia per la prima volta trasmesso in diretta televisiva. Le voci contrarie sono molte (fra cui quella di peso del Primo ministro Churchill) ma Filippo vince questa difficile battaglia di modernità.
L’intraprendente ufficiale però adesso è solo il marito della sovrana, e il giorno dell’incoronazione, come primo pari del regno, si inginocchia davanti a lei per il dovuto omaggio. È duro per un uomo della sua generazione e con il suo carattere.
Il duca di Edimburgo servirà da modello di comportamento per tutti i futuri principi consorti moderni, ma lui, specie all’inizio, trova abbastanza difficile adattarsi al nuovo status, anche perché sotto un certo punto di vista si sente profondamente umiliato. Ad esempio i figli non portano il suo cognome ma, negli anni a venire, sostenuto dallo zio Lord Mountbatten, lotterà anche per questo e per non essere solo «una fottuta ameba», come dirà spesso con rabbia.
I primi anni di regno sono complicati dal punto di vista della relazione di coppia: Elisabetta è una regina giovanissima che dall’amato e sempre rimpianto genitore ha ereditato il grande senso di responsabilità, e come lui ha deciso di dedicarsi anima e corpo alla nazione trascurando tutto il resto, compresi marito e gli.
La situazione logora Filippo e quando, nell’agosto del 1956, Elisabetta chiede al consorte di rappresentarla all’apertura dei giochi olimpici di Melbourne, lui prende la palla al balzo e allunga il giro. Tornerà sei mesi dopo. Il principe fa tappa a Ceylon, visita una base Artica, studia, legge, scrive, partecipa ad alcune spedizioni scienti che e si fa vivo di rado: un mazzo di rose per l’anniversario di matrimonio e una telefonata per Natale sono gli unici gesti nei confronti della moglie.
È l’onnipresente zio Dickie, di cui Elisabetta si da molto e che in mancanza di un padre lei ha eletto suo confidente e consigliere, ad aiutare la coppia a ritrovarsi e a fare la pace.
Alla ne degli anni ’50 la regina e suo marito trovano un modus vivendi: lei è l’incarnazione della monarchia e del potere, ma a lui spetta l’autorità sulla famiglia. D’altronde la sovrana non riesce a provare rancore nei confronti del consorte, l’unica persona capace di tenerle testa e di farla ridere, ma anche il suo sostegno e punto di riferimento costante. Un terzo e poi un quarto figlio suggellano la ritrovata serenità: Andrea nasce nel 1960, seguito nel 1964 da Edoardo.
Elisabetta II non condivide con il duca di Edimburgo le responsabilità della carica, però cerca fin da subito di addolcire questo inevitabile secondo piano istituzionale: nel cerimoniale di corte il consorte ha la precedenza su tutti, anche sul figlio ed erede, e nelle occasioni pubbliche il duca è sempre accanto alla regina, allo stesso livello, su una sedia o un trono identico.
Al principe però gli onori formali non bastano, Filippo, esattamente come lo zio Mountbatten, ama essere sempre al posto di comando, di una nave, di una squadra di polo, della sua casa, ed Elisabetta capisce che deve trovare un’occupazione per questo suo iperattivo consorte, quindi gli affida la modernizzazione delle residenze reali. In pochi anni il principe mette a norma e ottimizza la gestione del castello e del grande parco di Windsor, di Buckingham Palace e della tenuta di Sandringham, e anche se il personale accoglie i cambiamenti con scarso entusiasmo, lui, tenace e forte dell’appoggio incondizionato della sovrana, riesce ad attuare quasi tutti i suoi progetti.
Nel corso degli ultimi sessant’anni è stato il duca di Edimburgo a gestire la riorganizzazione e l’ammodernamento di Buckingham Palace e il restauro di alcuni ambienti. Al principe Filippo si deve anche l’idea di ricostruire la cappella privata della regina Vittoria che era stata distrutta dai bombardamenti per costituire la Queen’s Gallery, un museo, aperto tutto l’anno, dedicato alle esposizioni temporanee e tematiche di pezzi provenienti dalla Royal Collection. La Queen’s Gallery, inaugurata nel 1962, è stata ampliata e ristrutturata nel 2002, in occasione del Giubileo d’Oro. Oggi l’edi cio, a cui sono stati aggiunti un portico in stile dorico e molte nuove sale accoglie a rotazione circa 450 opere che fanno parte della collezione privata di Elisabetta II ma sono «in trust for the nation».
La consorte gli ha anche lasciato mano libera nell’educazione dei figli, ma questo non si può dire sia stato un successo, specie con l’erede al trono.
Uomo dal carattere sicuramente complesso, il duca di Edimburgo però è anche una persona dotata di grande intelligenza e profondo intuito, ed è lui a spingere per una sempre maggiore apertura della monarchia verso l’esterno, nonostante il parere contrario dell’establishment e dei funzionari di corte. Il risoluto Filippo «ha messo un po’ di pepe nella vita della regina, donna conservatrice e molto tradizionalista, ma questo senza mai farle ombra», assicurano le persone che lo conoscono bene.
Il marito della regina però è anche un maschilista, di cui sono noti una certa durezza, il pessimo carattere (sul quale comunque Elisabetta non si è mai lasciata sfuggire una parola) e l’irascibilità. Filippo inoltre è famoso per le gaffe, per il suo un po’ troppo franco parlare (nel 1969 si rivolge al cantante Tom Jones chiedendogli: «ma lei la mattina fa i gargarismi con la ghiaia?») e per le sue collere piuttosto violente. Quanto all’infedeltà lui si è difeso facendo notare che con una guardia del corpo costantemente alle spalle le scappatelle sarebbero state difficilmente gestibili.
I soliti ben informati affermano di sapere con certezza che il principe ha frequentato diverse belle signore, alcune famose (fra cui la scrittrice Daphne du Maurier e l’attrice Shirley MacLaine) altre meno, e che ha passato molte serate divertenti nei club di Soho insieme agli amici, fra cui gli attori Peter Ustinov e David Niven.
Quale che sia la verità, il duca è rimasto solido e incrollabile accanto a Elisabetta che ha sostenuto, protetto e difeso nei momenti più bui della monarchia, durante le crisi politiche e quelle familiari.
L’assoluto senso del dovere del principe, la sua devozione alla funzione e alla nazione che lo ha accolto e l’intelligenza con cui ha gestito un ruolo difficile non possono assolutamente essere messi in dubbio. D’altronde Filippo ama rispondere alle critiche citando Rudyard Kipling, il suo scrittore preferito, il quale esalta chi riesce «a far fronte ai trionfi e ai disastri, trattando questi due impostori esattamente nello stesso modo».
Il matrimonio fra la regina e il duca di Edimburgo è sicuramente l’unione di due individui molto diversi che però riescono a comprendersi e completarsi perché hanno tanti valori in comune. Il carattere calmo e posato della regina contrasta con quello esuberante del marito e lei, cresciuta in un ambiente ultraprotetto con genitori che l’hanno circondata d’amore e attenzioni, vicino a lui ha capito le difficoltà della vita e iniziato a guardare in modo diverso le persone. Inoltre, elemento di non poco conto, il principe consorte viene da una famiglia reale e ha familiarità con il protocollo che non considera un peso, ma un’attestazione del rispetto dovuto al sovrano.
Durante il banchetto a Whitehall, in occasione delle celebrazioni ufficiali per le nozze d’oro della coppia, il 20 novembre 1997 (fra l’altro in un momento difficilissimo, a meno di tre mesi dalla morte di Diana), la regina rende omaggio, per la prima volta e senza giri di parole, all’uomo con il quale ha condiviso la vita: «è stato semplicemente la mia forza e lo è ancora» dice la sovrana. «Io, la mia famiglia, la nazione e molti altri gli dobbiamo più di quello che egli ammetterà mai. Molto di frequente, temo, il principe Filippo ha dovuto ascoltarmi, ma abbiamo anche spesso parlato insieme dei miei discorsi e come potete immaginare le sue opinioni sono state sempre espresse con molta franchezza».
«La più grande lezione che abbiamo imparato è la tolleranza, elemento essenziale per un matrimonio felice. Non è una cosa molto importante quando va tutto bene, ma è essenziale quando ci sono dei problemi. E vi assicuro che la regina ha questa virtù in abbondanza» ha osservato il duca dal canto suo.
Giocatore di polo, cacciatore come tutti i gentleman britannici, ma anche presidente nazionale del WWF, Filippo è appassionato di ornitologia, un discreto pittore dilettante e uno scrittore prolifico sui temi dell’ecologia e del rapporto fra l’uomo e la natura. Nel 1956 il marito della regina ha fondato il Duke of Edinburgh’s Award Scheme, grazie al quale più di cinque milioni di giovani provenienti da cento Paesi hanno potuto realizzare i loro progetti.
Ufficialmente Filippo non è un principe consorte – vero e proprio titolo di cui la sua regale sposa non lo ha mai investito – e, anche se si tratta di una questione di forma, si dice che al duca non sarebbe dispiaciuto affatto, e forse avrebbe contribuito ad addolcire il suo essere costantemente due passi indietro. Dal 2009 il principe è il più longevo coniuge di un sovrano inglese e nel 2011, in occasione del suo novantesimo compleanno, la moglie lo ha creato “Lord Grand’Ammiraglio”, cioè comandante onorario della Royal Navy, carica in genere occupata dallo stesso sovrano.
Con i suoi occhi di un blu profondo, lo sguardo malizioso e il sopracciglio sempre un po’ sollevato, questo signore quasi centenario, ancora affascinante nonostante gli acciacchi, potrebbe essere un personaggio dei romanzi di Agatha Christie, ma in effetti lui si considera più un europeo cosmopolita che un gentleman inglese.
Adesso, dimenticati gli errori del passato e messi da parte i malintesi, la coppia è unita da una relazione profonda. L’inflessibile Filippo condivide con la moglie l’antica convinzione che un matrimonio riuscito è il risultato di molti compromessi reciproci e parecchia abnegazione.
Nonostante le battute, la poca diplomazia, il carattere ruvido lui, che non è neanche nato inglese, è stato il più fedele servitore e alleato di una regina che è entrata, vivente, nella leggenda.
Nell’autunno del 2017, dopo 65 anni di onorato servizio e dopo avere assolto 22.219 impegni ufficiali da solo, effettuato 637 viaggi, pronunciato 5.496 discorsi e pubblicato 14 libri, il principe Filippo è andato ufficialmente in pensione e ormai partecipa solo a eventi familiari.
La moglie, invece, non sembra aver intenzione di seguire il suo esempio. Nelle ultime due decadi molti si sono chiesti se la sovrana abdicherà mai, ma è difficile pensare a questa eventualità quando ancora oggi è così vivo il doloroso ricordo di Edoardo VIII, il re che venendo meno alle proprie responsabilità provocò una crisi dinastica e politica.
Inoltre, al compimento dei ventuno anni, Elisabetta fa una promessa solenne: «… la mia vita intera, sia essa lunga o breve, sarà dedicata al vostro servizio e a quello del grande Commonwealth imperiale a cui noi apparteniamo». È il famoso discorso di Cape Town fatto in diretta alla radio il giorno del suo compleanno mentre è in viaggio con i genitori in Sudafrica, e la regina non è tipo da tirarsi indietro.
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