17 luglio 1918 la strage di Ekaterimburg

Nella notte fra il 16 e il 17 luglio 1918, si consumava uno degli episodi più oscuri e terrificanti della storia contemporanea: la strage di Ekaterinburg. Lo zar Nicola II, la zarina Alessandra Feodorovna, i loro cinque figli e alcuni domestici che li avevano seguiti nella prigionia, vengono barbaramente trucidati nello scantinato di casa Ipatiev.
Quali che fossero le colpe di uno zar inetto e debole e di una zarina succube della follia di Rasputin è impossibile non restare senza parole di fronte all’uccisione senza motivo alcuni di quattro ragazzi innocenti e del personale di servizio e del medico che non si era sentito di abbandonare il fragile Alessio. Credo che più dello zar e della zarina oggi sono OTMA – Olga, Tatiana, Maria e Anastasia – e lo zarevic Alessio ad essere diventati il simbolo della follia e dell’odio senza senso che hanno scatenato la strage di Ekaterinburg.
La strage di Ekaterinburg: la notte dell’eccidio
Per i Romanov gli ultimi mesi sono stati difficili e confusi soprattutto dopo la presa di potere da parte dei bolscevichi a seguito del golpe-rivoluzione di ottobre (il 7 novembre, secondo il nostro calendario). Lev Trotskij, il fondatore dell’Armata Rossa, vuole portare lo zar a Mosca per inscenare un clamoroso processo, il soviet degli Urali invece rifiuta di consegnare i prigionieri e la famiglia viene trasferita a Ekaterinburg. Tutto precipita nel luglio del 1918 quando le armate dei bianchi, che combattano contro i rivoluzionari, si avvicinano alla città; i quei giorni i bolscevichi locali decidono di eliminare l’intera famiglia, per evitare che venisse liberata.
Tra le undici e mezzanotte il commissario Jurovskij ordina sveglia l’ex-zar e la sua famiglia e ordina loro di vestirsi perché saranno nuovamente trasferiti in un luogo più sicuro. E’ solo un pretesto per farli scendere nel seminterrato, nella stanza dove, al riparo da occhi indiscreti, saranno trucidati. Lo squadrone messo insieme per l’occasione comprende quattro bolscevichi russi e sette soldati ungheresi prigionieri di guerra che non parlano russo e non faranno storie quando verrà loro ordinato di sparare allo zar e alle ragazze.
Jurovskij fa sistemare la famiglia imperiale nella stanza: seduti in prima fila ci sono Aleksandra Fëdorovna e Aleksej, accanto a loro Nicola e alle loro spalle le figlie; sui lati, invece, i membri del seguito: il medico dottor Botkin, la dama di compagnia Anna Demidova, il cameriere Trupp e il cuoco Kharitonov. Nessuno immagina che niente nella camera accanto, il plotone era in attesa dell’ordine di Jurovskij.
Quando entra la squadra, il commissario dice ai Romanov che i loro parenti stanno continuando ad attaccare la Russia sovietica, quindi il Comitato esecutivo degli Urali aveva deciso di giustiziarli. Nicola volta le spalle alla squadra, volgendosi verso la famiglia, poi, come tornato in sé, si gira in direzione del commissario., chiedendo: «Come? Come?». Jurovskij ripeté in fretta le stesse cose e poi ordina alla squadra di puntare.
Nicola è il primo a cadere poi tocca alla moglie, ai membri del seguito e ai figli. Le urla e i pianti disperati confondono gli uomini, che non riescono a prendere bene la mira e poi stranamente in quell’inferno di fumo, grida e sangue, i proiettili rimbalzano sui corpi delle donne. I soldati capiranno il motivo solo qualche ora dopo. Tre granduchesse non muoiono all’istante, rannicchiate in un angolo, terrorizzate e agonizzanti per le ferite, vengono finite a colpi di baionetta e col calcio dei fucili. L’esecuzione termina dopo venti, lunghissimi minuti.
La strage di Ekaterinbug: la sparizione dei corpi
Le salme vengono trasportate nel vicino bosco di Koptiakij e lì occultate. I corpi dei Romanov vengono denudati, fatti a pezzi e gettati nel pozzo di una vecchia miniera, sciolti con acido solforico e infine date alle fiamme. In quel momento i soldati si rendono conto che la zarina e le sue figlie indossavano una vera e propria corazza di diamanti perché nei mesi le donne precedenti avevano pazientemente cucito nei corsetti quello che restava loro dei gioielli e quella notte in vista del trasferimento portavano con sé tutti i loro averi. Jurovskij e i suoi uomini recupereranno nove chili di gioielli.
Il 20 luglio viene pubblicato a Ekaterinburg il decreto dell’eseguita esecuzione: “Decreto del Comitato esecutivo del Soviet degli Urali dei deputati operai, contadini e dell’Armata rossa. Avendo notizia che bande cecoslovacche minacciano Ekaterinburg, capitale rossa degli Urali, e considerando che il boia coronato, qualora si desse alla latitanza, potrebbe sottrarsi al giudizio del popolo, il Comitato esecutivo, dando corso alla volontà del popolo, ha decretato di procedere all’esecuzione dell’ex zar Nikolaj Romanov, colpevole di innumerevoli crimini sanguinosi”.
Il 30 luglio l’Armata Bianca arriva ad Ekaterinburg e arresta alcuni uomini dell’Armata Rossa che avevano partecipato indirettamente al crimine, dando inizio all’indagine. In seguito il Soviet centrale di Mosca negò il massacro dell’intera famiglia, comunicando la sola fucilazione dello zar in un tentativo di fuga. Jurovskij e i suoi uomini tentarono in ogni modo di nascondere qualsiasi traccia dell’esecuzione di massa.
Negli anni Settanta del Novecento Boris Eltsin, futuro presidente della Russia post-sovietica, aveva fatto abbattere, in qualità di dirigente locale del Pcus, la casa della prigionia perché il partito non voleva che diventasse meta del pellegrinaggio di cittadini sovietici nostalgici dello zarismo. Dei corpi ovviamente nessuna traccia, ma la memoria dell’eccidio era rimasta ben viva nella popolazione e gli abitanti del posto parlavano spesso di quella foresta piena di acquitrini. Solo dopo il crollo dell’Urss, lo storico Aleksandr Avdonin riesce a recuperare i corpi che aveva già individuato nel 1979 e farà riesumare nel 1991.
Nel luglio del 1998 Boris Eltsin decide di dare finalmente una degna sepoltura ai resti della famiglia imperiale uccisa nella strage di Ekaterimburg. Dopo esami sul Dna, condotti anche grazie alla collaborazione decisiva del duca di Edimburgo la cui nonna Vittoria d’Assia era la sorella maggiore della zarina, vengono identificati con certezza tutti i resti anche se rimangono alcuni dubbi sugli ultimi due figli dello zar, Anastasia e Alessio. La famiglia dello zar oggi riposa nella cattedrale di Pietro e Paolo sull’isola Zayachij nell’antica capitale fondata da Pietro il Grande. Esattamente ottanta anni dopo la strage di Ekaterinburg.
I post dedicati ai Romanov
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Il mistero di Anastasia –> la donna che voleva essere la figlia dello zar.
Qualche consiglio di lettura per approfondire il tema, ho selezionato una serie di biografie dello zar e della zarina che comprendono anche tutti i dettagli sulla strage di Ekaterimburg
Purtroppo il libro – fondamentale per capire tutte le vicende che portarono alla strage di Ekaterinburg – di Robert K. Massie “Nicola e Alessandra” è disponibile solo in inglese su Amazon ma ho trovato qualcosa in italiano nella piattaforma Maremagnum —> https://www.maremagnum.com/ricerca/risultati?search%5Bkeyword%5D=Robert+K.+Massie