L’amore misterioso del Savoia discreto, Adalberto duca di Bergamo

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I  Savoia non hanno avuto il tempo di diventare una dinastia numerosa e prolifica,  ma oltre ai personaggi più celebri – per ragioni storiche e mondane (o televisive) – la famiglia conta anche qualche altro personaggio interessante come questo che ci racconta Ale, il nostro super esperto della ex dinastia regnante italiana.  

Ecco la prima “pillola sabauda” del 2014, era da qualche mese che volevo raccontarvela e finito finalmente il periodo degli esami invernali, grazie a Marina, non ho esitato a scriverla.
Riguarda un personaggio poco conosciuto, il quarto figlio di Isabella di Baviera e di Tommaso di Savoia, secondo duca di Genova e fratello della regina Margherita. Adalberto nacque nel 1898 al castello di Agliè vicino a Torino e il 22 settembre del 1904 re Vittorio Emanuele III gli concesse con regie patenti il titolo personale di duca di Bergamo. Come tutti i principi di Casa Savoia venne avviato alla carriera militare e prese parte insieme agli altri membri della dinastia in età da soldato alla Prima Guerra Mondiale, combattendo col suo reparto in prima linea nel 1917 e nel 1918. Dopo il conflitto mantenne un ruolo attivo nel Regio Esercito continuando la carriera militare e scalandone i gradi, tanto che nel ’35 prese parte alla campagna d’Etiopia come vice comandante generale della 24ª divisione di fanteria “Gran Sasso” e l’anno successivo ne divenne comandante col grado di generale di divisione. Nel 1939 con la conquista dell’Albania si era pensato a lui come possibile viceré, in quanto aveva rappresentato casa Savoia al matrimonio di re Zog suscitando, con il suo comportamento, molte simpatie tra gli albanesi. Ma non se ne fece nulla perché si decise di dare a quella nazione un luogotenente con un primo ministro e un governo autonomo fornito anche di parlamento, a rimarcare un privilegio che non avevano avuto le nostre colonie africane. Durante la Seconda Guerra Mondiale il principe Adalberto ricoprì poi il ruolo di generale prima dell’ottava e successivamente della settima armata. 

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Nel ’43 il duca di Bergamo lasciò il fronte e guidò la delegazione italiana ai funerali di re Boris III di Bulgaria, la principessa Mafalda invece era presente in veste privata per confortare l’amata sorella Giovanna. Dopo il referendum del 1946 fu autorizzato da Umberto a rimanere in Italia e visse fino alla sua morte (1982) con riserbo e semplicità in un albergo, l’hotel Ligure, di piazza Carlo Felice a Torino.

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Il duca non si sposò mai e naturalmente non manca il fascicolo dell’OVRA su una sua presunta omosessualità; mi chiedo se anche solo un principe sabaudo durante il regime sia sfuggito a questo tipo di fascicoli, ma naturalmente sappiamo che era tutto materiale, costruito ad arte, utile per tenere a bada i principi e che Mussolini usava per ricattare il re e piegarlo al suo volere.
E qui arriva la vera “chicca”, una notizia pressoché sconosciuta se non ai salotti bene informati e riportata dall’UMI (Unione Monarchica Italiana) qualche mese fa in un articolo di approfondimento sui Savoia-Genova. Appena l’ho letta ho cercato subito conferme e puntualmente le ho ricevute. Le chiacchiere fasciste erano proprio solo chiacchiere, infatti fin dalla giovinezza il duca era legato a una nobildonna piemontese (di cui purtroppo non sono riuscito a scovare il nome) e la storia andò avanti fino alla morte di lui. Insomma ricorda un po’ quello che è accaduto in Svezia con il principe Bertil. Il signore che ha scritto il pezzo dell’UMI (che purtroppo non riesco a isolare e linkare) riporta anche come ne è venuto a conoscenza: “A parlarmene furono le sorelle Scarsella, Anita, Nella e Laura, anch’esse piemontesi d’origine (avevano una grande villa a Millesimo), che tenevano a Milano, per la precisione all’inizio di corso Magenta, un salotto politico-letterario d’intonazione liberal-monarchica, frequentato da politici e intellettuali d’area e da amici della Milano-bene (ricordo per prima Piera Ricotti, la marchesa Ippolita Borgazzi, Mariella Zagnoli, Piero Astengo, il marchese Giovanbattista Gavotti, la scultrice Caprotti, ecc.), ma soprattutto Anita, la “politica” del trio, ne era l’animatrice. Esse erano amiche personali della misteriosa contessa. L’indiscrezione mi venne anche confermata ed ora, per la prima volta, la rendo pubblica, da Giuseppe Tarò, il noto industriale-diplomatico savonese nonché studioso e collezionista di memorie e cimeli sabaudi”.

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Verso la seconda metà degli anni ’70 Adalberto espresse il desiderio di rendere pubblica la cosa e di sposarsi, data anche l’età avanzata. Come prevedono le leggi dinastiche e il codice civile chiese l’assenso a Umberto II, a dimostrazione che per i Savoia quelle norme erano ancora valide al contrario delle storie che racconta Vittorio Emanuele (che si sposò nel ’71 quindi prima di questi fatti!). Comunque tornando al duca, il re non diede il regio assenso e quindi non se ne fece nulla, e da principe ubbidiente Adalberto morì scapolo qualche anno dopo. Non si sa perché il sovrano non autorizzò le nozze, visto che era in suo potere farlo, ma pare che l’abbia motivato per l’età molto avanzata dei due sposi e parlò anche del fatto che avrebbero suscitato critiche. Mi chiedo se non l’abbia fatto per non dare appigli al figlio tecnicamente decaduto, del tipo perché lui sì e io no? È probabile che delle lettere o dei documenti sulla questione che aiuterebbero a far luce sulla questione siano presenti tra le carte secretate da Umberto dopo la sua morte, e di cui abbiamo tanto parlato. Tuttavia  la cosa che mi preme sottolineare è che questo principe lontano cugino di Umberto e distante nella linea di successione dal trono, decise di ubbidire (tanto che ufficialmente non se ne è mai saputo nulla) al suo re e non fece neanche delle nozze morganatiche con l’amore della sua vita, questa è fedeltà pura al sovrano e alla dinastia. Mentre il figlio di Umberto, come sappiamo, non tenne in nessuna considerazione il volere paterno e danneggiò l’immagine della dinastia con esternazioni alla stampa criticando l’operato del suo genitore (che tentò anche di deporre nel 1969).

Questa storia mi ha incuriosito molto, spero che l’abbiate trovata interessante e che possa servire anche come stimolo per conoscere un po’ di più il ramo Savoia-Genova, quasi sconosciuto al grande pubblico e che purtroppo con la sua ultima rappresentate Maria Isabella (1943) si avvia verso l’estinzione.

Alessandro Sala

Grazie ad Ale per la collaborazione. Le foto sono state reperite sul web.

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